Pubblicato in - 2012-04-05 13:47:00
Le sconfitte delle grandi suscitano sempre un pò di scalpore, soprattutto se avvengono nel torneo più seguito al mondo, cioè la Nba statunitense.
Abbiamo visto non poco in difficoltà Lakers, Heat e moltre altre compagini dotate di quelli che sono considerati i "mostri sacri" quali i vari Bryant, James, Bosh, Wade e chi più ne ha più ne metta.
Squadre che si sono rinnovate nel gioco, dopo il vorticoso giro di coach innescato dall'uscita di Phil Jackson dai Lakers, mettono sovente in ambasce le più rinomate pretendenti all'anello con trame, schemi, giochi fluidi e spumeggianti degni di una buona tradizione più di Eurolega che di Nba.
A questo aggiungasi che il fenomeno della ricomparsa dei "bianchi", cestisti non di colore che ai pochi Gasol e Nowizstki si alternano sempre più frequentemente, è indizio che il modo di fare basket oltre oceano si sta in qualche modo occidentalizzando.
La riprova è sotto gli occhi di tutti. Ex NCAA quali Westbrook, Rose e molti altri anche dalla pelle bianca conferiscono più gradevolezza e migliore dinamismo al giro di palla quasi inesistente nella pachidermica e ultrafisicizzata pallacanestro alla quale Stoudemire e co. ci avevano abituato e dalla quale, proprio per la sua aschematicità ed improvvisazione ci eravamo un tantino allontanati.
Cosicchè contro le frenetiche incursioni di cestisti snelli ed imprevedibili i "soliti noti" vanno in difficoltà, sbavano, rimbrottano colleghi ed allenatori (loro sì che possono farlo) non sapendo più che pesci prendere di fronte a furetti ben addestrati che centrano il bersaglio a dispetto degli elefantiaci bunker già famosi.
Ne risulta un basket più umano, più vero, forse più occidentale ma davvero taaaaanto più piacevole che fa riconquistare share alla devastata audience Nba e riconduce alla vera sportività un gioco, forse il più bello del mondo, che per piacere ha bisogno di spettacolo e non di esibizionismo.
MDj